Fermarsi per vedere dove si sta andando, per ricordarci chi siamo in questo viaggio che continuamente ci fa cambiare, come in una danza in cui ogni passo ci avvicina o ci allontana dalle nostre parti più essenziali.

venerdì 2 settembre 2016

Tra le righe




L’incontro in ospedale tra il medico e il paziente non è affatto banale. L’ospedale è familiare al medico che ci lavora e che ha orientato la sua vita ad abitarlo. L’ospedale per il medico è l’ambiente al quale la sua persona si è in vario modo adattata. 
L’ospedale è un ambiente ad alta complessità in quanto abitato dalla comunità delle persone che ci lavorano e dalle persone che ne usufruiscono e che nell’ambiente fisico creano l’ambiente relazionale. Questo ambiente, o contesto, è generato più o meno consapevolmente dai suoi abitanti e li influenza in base al diverso grado di responsabilità correlato al ruolo ricoperto. Minore è il potere della persona, maggiore è il potere del contesto sui suoi movimenti. L’ambiente in cui lavora l’operatore è il risultato del modello organizzativo vigente e delle regole implicite che lo governano e che facilitano o ostacolano la realizzazione di una convivenza orientata al raggiungimento dell’obiettivo che l’organizzazione si prefigge e che, nel nostro caso, è quello di salvaguardare la salute dei cittadini e della comunità.
Il medico incontra il paziente in questo spazio e può considerare questo incontro come parte dell’ingranaggio che tende a semplificare e ridurre il più possibile la complessità, per gestirla, oppure può disporsi all’ascolto della domanda che la persona porta e che, in quanto domanda di salute implica una dimensione soggettiva e dunque una certa dose di incertezza.
Nel primo caso, l’oggettivazione della domanda di salute della persona viene intesa esclusivamente come domanda rispetto alla dimensione biologica considerata come standardizzabile e omologabile. Tale analisi della domanda metterà l’incontro tra il medico e il paziente nella dimensione della filiera delle prestazioni in cui il medico gestisce la salute della persona, la quale delega a lui integralmente l’interpretazione dei segnali del corpo e della mente.
Nel secondo caso la domanda di salute può essere esplorata anche nelle dimensioni implicite che i segnali fisici com-portano nel loro manifestarsi. L’ascolto della dimensione soggettiva, insita nella domanda di salute del paziente, implica un consapevole processo di sintonizzazione affettiva. Quando due persone si incontrano si attiva in loro questa particolare competenza, garantita dai neuroni specchio(Gallese-Onnis 2015). La sintonizzazione affettiva è la capacità di sentire l’altro in sé stessi, di avere in sé una mappa dell’altro, del tu con cui si è in relazione in quel momento.  L’operatore della salute ha la possibilità di accedere consapevolmente a questa competenza per esplorare la domanda di salute della persona che è di per sé una domanda multidimensionale e soggettiva.
L’OMS, Organizzazione mondiale della sanità, propende per questo tipo di analisi della domanda, quella cioè che prende in considerazione la dimensione esplicita e implicita, oggettiva e intersoggettiva,soggettiva, biologica e psicologica e sociale. Nel definire la salute l’OMS parla infatti di “stato di Benessere psico-fisico” e non semplicemente di “assenza di malattia”.

La persona che entra in ospedale con una domanda di salute, quando la salute vacilla, si trova in uno stato di forte incertezza rispetto a sé, al sé corporeo e sociale.
La persona tende a ricercare dentro di sé i “modelli operativi interni” (Bowlby) che permettono un buon attaccamento nella relazione di accudimento. Questi modelli si sono formati nelle primissime fasi della vita di relazione… nel primo anno di vita della persona. L’ingresso in ospedale per una grave patologia comporta dunque, di per sé,una certa quota di regressione e dunque di paura, incertezza.
Il sonno è il primo a vacillare e la famiglia rappresenta il primo ambiente per la salvaguardia della propria identità in un momento che sollecita forti cambiamenti.

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